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Crisi Ucraina e agricoltura. Il prof. Massimo Tagliavini in Commissione Agricoltura

La guerra nell’Europa dell’est non influenza negativamente solamente i settori economici legati alla produzione di energia e ai trasporti ma anche l’agricoltura ne risente in maniera profonda. In un’audizione alla Camera, il prof. Massimo Tagliavini ha illustrato i suggerimenti di AISSA, l’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie, di cui è presidente.

Il 22 marzo, Massimo Tagliavini, professore di Arboricoltura generale presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie, ha partecipato a un’audizione alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. Assieme a lui, esperto della filiera ortofrutticola, anche i proff. Michele Pisante (Università di Teramo), Giuseppe Pulina (Università di Sassari), Amedeo Reyneri di Lagnasco (Università di Torino), in rappresentanza della comunità scientifica che si occupa delle principali filiere produttive del settore agricolo.

Il tema centrale è stato l’impatto del conflitto in Ucraina e dell’embargo, sulla produzione agraria nazionale e sulla disponibilità di alimenti. “Gli effetti più gravi per il momento si stanno osservando per le grandi colture per l’alimentazione umana e per zootecnia, a causa della riduzione della importazioni di mais, soia, girasole e frumento tenero da Ucraina e Ungheria e del costo dei fertilizzanti azotati”, spiega Tagliavini “vanno tuttavia tenuti presenti anche gli effetti sulle aziende ortofrutticole, a causa dell’aumento dei costi dell’energia - utilizzata nei magazzini di conservazione e trasformazione -, dei combustibili – molto  utilizzati nelle serre riscaldate - e degli effetti distorsivi sul mercato. Ad esempio, la Polonia, il maggior produttore di mele a livello europeo, prima della guerra esportava molto prodotto in Russia tramite triangolazioni con Bielorussia e Serbia. Adesso quel mercato è chiuso e quindi ci si aspetta che le mele polacche ancora nei magazzini e quelle della prossima stagione saranno riversate sul mercato interno europeo, con un effetto negativo sui prezzi.

Tra le soluzioni proposte per la filiera ortofrutticola, il docente insiste sulla necessità di avviare azioni comuni per mitigare i contraccolpi. “Una prima azione riguarda forme di sostegno all’acquisto di fertilizzanti, energia e combustibili”, puntualizza, “ciò andrebbe accompagnato dalla apertura di nuovi mercati come quelli dell’Estremo Oriente, attraverso la rimozione di barriere fitosanitarie che al momento ostacolano le esportazioni frutta italiana in quei Paesi”.

Ma non solo i venti di guerra che arrivano da est a preoccupare la politica e il settore della produzione agricola. Anche il clima che fa le bizze potrebbe mettere a dura prova la sicurezza alimentare. Per reagire, occorre affidarsi alla scienza. Sotto questo profilo, l’intervento di Tagliavini e dei colleghi è stato anche teso a richiedere lo sblocco a livello europeo delle sperimentazioni in campo delle piante ottenute dalle NBT, o New Breeding Techniques, che potrebbero rendere le coltivazioni più forti e resistenti agli agenti patogeni e di raggiungere meglio gli obiettivi dell’ambiziosa politica agraria europea (Green Deal – strategia Farm to Fork). “Non si tratta di OGM ma di tecnologie di miglioramento del corredo genetico delle piante attraverso il silenziamento di parti del DNA o la mutazione mirata di alcuni geni”, spiega Tagliavini, “potrebbero portare a una diminuzione considerevole dei trattamenti fitosanitari e rendere le colture più produttive e più sostenibili. Bisogna ripensare le politiche agricole nazionali e comunitarie. Assieme ai colleghi, speriamo di essere riusciti a far intravedere le proposte della ricerca per risolvere le problematiche più urgenti”.

(zil)