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Dalla ricerca un aiuto alla viticoltura contro gli effetti del cambiamento climatico

Un progetto di ricerca interregionale - con unibz, Eurac Research, Centro Sperimentale Laimburg ed Università di Innsbruck - sta raccogliendo dati sulle reazioni della vite alle ondate di calore che nel prossimo futuro, a causa dei cambiamenti climatici in atto, minacciano di essere sempre più numerose. “Siamo convinti che le informazioni frutto delle simulazioni in ambiente controllato potranno essere utili a contenere i danni che lo stress da calore causa alle viti”, affermano il prof. Massimo Tagliavini, che dirige il gruppo di ricerca dell’ateneo bolzanino, ed il prof. Georg Wohlfahrt dell’Università di Innsbruck. La raccolta dati tramite simulazioni nel terraXcube al NOI Techpark.

L’economia legata alla produzione di vino, in Alto Adige, è aumentata costantemente negli ultimi tre lustri e la provincia di Bolzano attualmente è uno dei territori in cui si realizza un prodotto che per la sua qualità è stato in grado di conquistare porzioni crescenti di mercato in Italia e all’estero (dati della Camera di Commercio di Bolzano). In Alto Adige, la vite è coltivata su circa 5.400 ettari, tra i 200 e i 900 metri sul livello del mare. Il 60 per cento della produzione è rappresentati da varietà di uve bianche e il 99% della produzione totale è etichettato come vino DOC (Denominazione di origine controllata).

Ma come si rifletteranno i cambiamenti climatici che interessano anche le Alpi sulla produzione vitivinicola altoatesina? È possibile prevenire e porre in essere accorgimenti che consentano di mantenere costante la produzione dei vitigni locali anche in presenza di condizioni ambientali estreme? È quello che stanno cercando di capire i ricercatori coinvolti nel progetto CLEVAS: Effect of climate extremes on grapevine production in South Tyrol: early detection of abiotic stress and consequences for vine quality” (CLEVAS: Effetti dei climi estremi sulla produzione vitivinicola in Alto Adige: rilevamento precoce dello stress abiotico e delle conseguenze sulla qualità del vino, ndt.). Sostenuto finanziariamente dalla Provincia Autonoma di Bolzano e sviluppato da un consorzio di enti che include unibz, Laimburg, Eurac Research e l’ateneo enipontano (che coordina l’intero progetto), lo studio punta a misurare gli effetti singoli e quelli combinati, che lo stress idrico e gli sbalzi di temperatura dovuti alle ondate di calore, hanno sulla fisiologia della varietà Sauvignon Blanc, tra le più diffuse in Alto Adige.  

I cambiamenti climatici riguardano anche l’Alto Adige

In Alto Adige, dagli anni ’70 la temperatura in estate è aumentata di 2,2 gradi Celsius. Ad altitudini più basse, dove si è maggiormente sviluppata l’agricoltura, tale aumento è addirittura di tre gradi Celsius in più.

Secondo le previsioni più recenti, i cambiamenti climatici nei prossimi 80 anni (entro il 2100) potrebbero provocare un innalzamento fino a 5,4 gradi Celsius delle temperature estive in provincia di Bolzano. A questo aumento delle temperature medie stagionali si accompagneranno anche più frequenti eventi meteorologici estremi, per esempio a causa di una distribuzione squilibrata delle precipitazioni (più intense e concentrate in alcuni periodi). Capire come mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e predisporre strategie di adattamento per il futuro è di grande importanza.

Le conseguenze dell’aumento delle temperature

Tali modificazioni al clima si tradurranno pertanto anche in un cambiamento dell’agricoltura. “Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono già visibili a occhio nudo in viticoltura”, afferma il prof. Massimo Tagliavini, docente di Arboricoltura alla Facoltà di Scienze e Tecnologie e coordinatore del gruppo di ricerca dell’Università di Bolzano coinvolto nel progetto. “La fioritura è anticipata di alcune settimane rispetto a trent’anni fa e la raccolta avviene circa un mese prima. E’ noto inoltre che le elevate temperature estive producono effetti negativi sulla qualità delle bacche e del vino.” aggiunge Tagliavini. Il docente unibz, assieme ai colleghi degli enti di ricerca coinvolti nel progetto (tra cui il prof. Georg Wohlfahrt, Università di Innsbruck, il dr. Florian Haas, ricercatore di Laimburg, ed il dr. Georg Niedrist di Eurac Research e molti altri ricercatori), vuole capire gli effetti delle ondate di calore sulla fisiologia della vite e sulla qualità del vino e fino a che punto i potenziali effetti negativi possano essere mitigati da un’adeguata disponibilità idrica.

Le simulazioni del futuro clima estivo in Alto Adige

Nelle camere climatiche del terraXcube, il sofisticato centro per la simulazione di climi estremi dell’Eurac Research al NOI Techpark, 14 ricercatori stanno raccogliendo dati sulle reazioni delle viti di Sauvignon Blanc a periodi di elevate e prolungate temperature (con massime di +40 oC) in condizioni di diversi regimi idrici. “Si riuscirà pertanto a disgiungere lo stress idrico da quello termico, processi che in genere avvengono contemporaneamente in condizioni di campo”, commenta Tagliavini, “In particolare, si stanno studiando gli scambi gassosi che avvengono tra foglie ed atmosfera e che rendono possibile la fotosintesi clorofilliana e quindi la salute e la vita della pianta”. Contemporaneamente, un’altra équipe di ricerca sta conducendo prove sul campo in un vigneto vicino a Caldaro, per analizzare studiare i flussi traspiratori e la fissazione di CO2 a livello di ecosistema, e come questi vengano influenzati da stress idrici e termici.

Come si misura lo stress della pianta

Tra le metodologie impiegate per individuare una condizione di stress della pianta (che ne potrebbe compromettere la resa e la sopravvivenza) vi è la “fluorescenza della clorofilla”. La luce del sole, assorbita dalle foglie, può essere utilizzata per la fotosintesi, convertita in calore o riemessa come luce fluorescente. Se la fotosintesi è compromessa da uno stress idrico o termico, questa condizione è evidenziata dai cambiamenti nella fluorescenza e nella dispersione del calore. Gli scienziati possono quindi misurare tali variazioni con l’aiuto di sensori altamente sensibili e telecamere a raggi infrarossi.

Dopo quasi un mese di raccolta dei dati al TerraXCube, tra luglio e agosto, l’esperimento si sta avviando al termine. “Entro la fine dell’autunno, dovremmo essere in grado di terminare, insieme ai partner del progetto, l’analisi dei dati e la loro interpretazione. Dopo aver capito la risposta della vite alle eccessive temperature estive, siamo fiduciosi di poter suggerire misure in grado di mitigare i danni assicurare anche per il futuro una produzione vinicola costante per qualità e quantità”, conclude il docente di unibz. Il progetto CLEVAS si concentrerà nel 2022 sull’esperimento in condizioni di campo nel vigneto nei pressi di Caldaro. Oltre al prof. Tagliavini, per unibz lavorano al progetto CLEVAS anche il prof. Carlo Andreotti,  i ricercatori Damiano Zanotelli, Leonardo Montagnani, Dolores Asensio, Carina Gonzales, ed i dottorandi Walaa Shtai, Fadwa Benyahia e Flavio Bastos Campos.

 (zil)