– Oswald Überegger
ACTIVE_HIST è un progetto interdisciplinare che il Centro di competenza Storia regionale (Prof. Oswald Überegger) conduce insieme al Prof. Alexander Moradi (Principal investigator), docente di Economia politica presso l’ateneo di Bolzano. Il progetto è stato selezionato in seguito a un bando di concorso interno per progetti interdisciplinari dell'Università di Bolzano, ottenendo un finanziamento di circa 50.000 Euro.
Le perdite della Prima guerra mondiale hanno arrecato grandi sofferenze nei comuni del Tirolo. Il numero di dispersi e invalidi ammontava all’incirca al 5% della popolazione. Alcuni comuni sono stati colpiti in misura superiore, altri in misura inferiore. Il progetto intende indagare le ripercussioni sociali ed economiche di lungo termine che le elevate perdite umane (morti al fronte, feriti e invalidi di guerra) hanno provocato e comprendere in quale misura la guerra, che è stata un’esperienza traumatizzante, abbia inciso sugli sviluppi della società, sugli atteggiamenti e sulle condotte sociali. Dal punto di vista metodologico, il progetto si rifà alle scienze sociali storiche e all’approccio quantitativo della storia economica e analizza soprattutto fonti seriali (fogli matricolari militari, atti di superarbitrato). Tale forma di analisi quantitativa, economico-statistica e socio-statistica, è una novità assoluta nell’ambito delle ricerche regionali sulle conseguenze della guerra.
– Oswald Überegger
Le scienze storiche hanno studiato i separatismi e i movimenti di indipendenza regionali soprattutto nel quadro della storia politica e diplomatica o in quello delle minoranze etniche, così come in quello della moderna ricerca sui nazionalismi. La ricerca ha dunque visto prevalere per lungo tempo approcci di storia delle strutture, di storia delle organizzazioni e, giustappunto, di storia politica (alquanto convenzionale). A interessare gli studiosi erano questioni riguardanti gli interessi e le rivendicazioni concrete dei movimenti, le strutture, i contenuti e i discorsi della protesta finalizzata (spesso anche in modo violento) al conseguimento dell’indipendenza o il reale successo o fallimento delle istanze perseguite. Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso sono poi emersi anche approcci centrati sull’emotività, rimasti tuttavia finora alquanto trascurati dai tradizionali studi sui movimenti di indipendenza regionale. Tuttavia, proprio l’analisi del complesso concorso di emozioni, mezzi di comunicazione visivi e attivismi politici racchiude un grande potenziale per lo studio dei movimenti regionali di protesta e indipendenza. Il progetto – che verte sul caso sudtirolese – intende quindi concentrarsi sull’importantissimo ruolo che gioca l’emotività nel pensiero e nell’azione dei diversi attori (gruppi, comunità di interessi e partiti politici) così come nella percezione dei progetti di autonomia e dei movimenti separatisti da parte dell’opinione pubblica.
Particolare importanza assumono tre approcci e/o nuclei tematici.
Assegnista di ricerca: Dott.ssa Magda Martini
– Oswald Überegger
Il progetto HISTONA verte sulla toponomastica dell’Alto Adige gravata da connotazioni storiche negative. L’intenzione è quella di affrontare il tema da prospettive storiche diverse, concentrandosi su due obiettivi precipui:
La relazione finale del progetto si propone di essere minuziosa, per essere fruita come una sorta di compendio consultabile da parte di politici e amministratori dei Comuni della Provincia Autonoma.
– Siglinde Clementi
Questo progetto di ricerca è stato avviato da Brigitte Foppa, membro del Partito dei Verdi nel consiglio provinciale, ripreso dal governatore Arno Kompatscher e affidato a noi attraverso la politica statale. Si tratta della creazione di un vademecum sui nomi e le biografie femminili per i politici comunali come aiuto decisionale nella denominazione delle strade e delle piazze. L'obiettivo politico del progetto è quello di aumentare il numero di strade e piazze che prendono il nome da una personalità femminile. Dal punto di vista scientifico, il progetto è stato ampliato e dovrebbe non solo limitarsi ad un censimento dei nomi, ma anche portare alla luce donne precedentemente sconosciute, soprattutto a livello comunale, ed elaborare le loro biografie. Questa doppia strategia di raccolta di nomi femminili e di stesura di nuove biografie si articola su tre livelli:
Il progetto è finanziato da fondi interni all'università e di concluderà nei primi mesi del 2023.
Collaboratrice scientifica: Dott.ssa Franziska Cont.
– Siglinde Clementi
Il progetto indaga il rapporto complesso fra la gestione del patrimonio in famiglie nobiliari dell‘età moderna, le relazioni di parentela e le emozioni. I rapporti fra le generazioni e fra uomini e donne interessano particolarmente in questo contesto. Il diritto dei beni matrimoniali e il diritto di successione erano connessi e si trovavano in un rapporto specifico con la prassi sociale. L’intento ambizioso del progetto è quello di ricostruire questi contesti complessi per l’ambito tirolese, caratterizzato da una frammentazione territoriale e politica e dalla sua collocazione di confine fra territori tedeschi e italiani.
Il progetto si prefigge di studiare la gestione dei beni familiari nel contesto nobiliare scegliendo alcune famiglie nobili del Tirolo e studiando questi fenomeni nell’ambito conflittuale tra norma giuridica e pratica sociale e approfondendo l’intreccio di questi fenomeni con il diritto e le pratiche ereditarie. Il diritto nobiliare dei beni matrimoniali prevedeva, come si legge nello Statuto della Contea del Tirolo, la rinuncia all’eredità da parte delle figlie in cambio della dote. Nella prassi questa normativa era di difficile applicazione, perché era prevista solo per la nobiltà e non era formulata in modo chiaro. Inoltre, la norma si scontrava con il principio della divisione equa dell’eredità fra tutti i figli. Anche per quanto riguarda il diritto delle successioni coniugali e la tutela della vedovanza, si possono osservare notevoli tensioni tra le norme giuridiche e la prassi sociale: tensioni che hanno subito forti cambiamenti nel corso della prima età moderna e che possono essere comprese solo alla luce di un attento esame dei contratti matrimoniali, dei testamenti e degli accordi in caso di vedovanza.
Queste, come ulteriori questioni riguardanti lo scambio dei beni della famiglia aristocratica e i rapporti di genere e di parentela che ne possono derivare, vengono analizzate sulla base di contratti matrimoniali, testamenti, rinunce all'eredità, contratti successori, ricevute per i beni matrimoniali pagati, eredità materne e contratti per la liquidazione delle vedove dal 1500 al 1700. Per poter ricostruire tutte le sfaccettature dello scambio di beni matrimoniali e i rapporti di genere e di parentela, il progetto combina l’approccio microstorico con la storia regionale comparata, la storia economica e la storia di genere.
– Siglinde Clementi
Il progetto di ricerca “‚Naturally‘ relating to land. Mountain farming in the Alps – an ethnographic study” si dedica con un approccio storico-antropologico a persone, che vivono in zone isolate e strutturalmente deboli dell’Alto Adige. Dati più recenti riguardo la migrazione di contadini di alta montagna verso le valli hanno suscitato reazioni allarmate fra i resposabili politici per l’agricultura e l’ambiente. Uno sguardo più attento evidenzia, che le diverse valli sono interessate in modo differente dal fenomeno e che i relativi flussi migratori dall’alto al basso possono essere registrati già dall’antichità. Le profonde trasformazioni sociali degli ultimi decenni si ripercuotano anche sui contadini di alta montagna, malgrado la loro posizione marginale. La relazione di contadini e contadine con il loro ambiente naturale si manifesta come un rapporto permanente che riguarda sia il maso stesso, gli animali domestici, i pascoli, il bosco che la terra non coltivata, animali selvatici e la dimensione spirituale. L’interrogativo principale della ricerca consiste nella ricostruzione di questo rapporto avvalendosi di approcci antropologici innovativi come la interspecies ethnography, una sottodisciplina dell’antropologia culturale. Questa disciplina studia il rapporto fra persone e il loro ambiente naturale come scambio permanente che svela una sociabilità allargata. L’ approccio storicoantropologico consente di studiare meglio i processi di trasformazione attuali che coinvolgono l’agricoltura di alta montagna. Questi problemi veranno studiati nel progetto svolgendo ricerca antropologica a lungo termine in due valli differenti (Val Venosta e Val Pusteria), e questa ricerca poi sarà integrata da ricerca storica sui singoli masi e le loro strutture patrimoniali negli archivi pertinenti.
Il progetto, iniziato nel 2018, viene realizzato grazie al Fondo Interno per la Ricerca della Libera Università di Bolzano. Principal Investigator: Elisabeth Tauber Co-Investigator: Stephanie Risse e Siglinde Clementi
– Francesca Brunet
Dalla seconda metà del XIX secolo il Tirolo appare, più intensamente rispetto ai decenni precedenti, come uno spazio di mobilità, sia intraregionale che transregionale. Lavoratori e lavoratrici, migranti stagionali, commercianti ambulanti, suonatrici e suonatori girovaghi, disertori, persone senza fissa dimora percorrevano di continuo il Land tirolese, rimanendone al suo interno o attraversandone le frontiere per spostarsi in altri Länder della Monarchia, in Svizzera, in Germania, nel Regno d’Italia. Entro questa massa itinerante molto varia ed eterogenea, alimentata dal drastico mutare delle contestuali condizioni economiche e sociali, vi erano individui particolarmente soggetti a controllo poliziesco e a tentativi di regolamentazione normativa: persone prive di mezzi di sostentamento, di casa e residenza, individuate dalle autorità con i termini – invero non sempre univoci – di vagabondi, Landstreicher, Dörcher, Arbeitsscheue (“restii al lavoro”), mendicanti, cui venivano accostate anche le persone e le famiglie identificate quali “zingare”. Si tratta insomma di individui la cui stessa esistenza iniziò ad essere percepita in modo sempre più esplicito come un problema di ordine pubblico. Se già in antico regime e nel Vormärz il vagabondaggio era ovviamente oggetto di controllo e punizione, è infatti proprio a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento che in Tirolo, come in tutta Europa, si assiste ad una sensibile intensificazione delle misure repressive – trasporti forzosi, estradizioni, carcerazioni e deportazioni in apposite case di lavoro – volte al contenimento del cosiddetto “Vagabundenunwesen”. Il progetto di ricerca si propone dunque di esplorare i principali aspetti di questa “mobilità deviante”: quelli normativi e giuridici, quelli comunicativi e lessicali, quelli diplomatici ed istituzionali, quelli sociali e microstorici.
– Francesca Brunet
Il progetto editoriale, curato e coordinato da Francesca Brunet e da Michele Toss (Fondazione Museo Storico del Trentino), è stato promosso dall’Accademia Roveretana degli Agiati e dalla Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, con la collaborazione del Centro di competenza Storia regionale e della Fondazione Museo Storico del Trentino. Il progetto mira a gettare nuova luce sulla figura dell’abate Giovanni a Prato, che fu un personaggio centrale della politica, del giornalismo e della cultura trentina – e non solo trentina – dalla metà dell’Ottocento. Nel ‘48-‘49 egli venne eletto deputato alla Nationalversammlung di Francoforte sul Meno quindi al Reichstag di Vienna e di Kremsier e più tardi al Parlamento austriaco, dove militò tra le file dei liberali di sinistra e si batté, primariamente, per l’autonomia amministrativa e dietale del Tirolo italiano e per la separazione tra Stato e Chiesa; fondò vari quotidiani trentini e collaborò con molte altre testate; fu traduttore, insegnante, mecenate, vero e proprio “Zwischenmensch” (come lo definì Claus Gatterer), ossia ponte tra mondo politico, religioso e culturale italiano e tedesco. Nonostante il rilievo di una figura come quella di Prato, gli studi a lui dedicati sono relativamente scarsi e comunque risalenti. Mancano, in particolare, edizioni aggiornate e filologicamente avvertite che raccolgano almeno parte della sua rilevantissima – sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo – produzione epistolare e giornalistica. Scopo complessivo del progetto è dunque la pubblicazione antologica di una scelta commentata ed annotata di scritti di Giovanni a Prato suddivisi in tre volumi: 1) lettere; 2) scritti politici e culturali; 3) discorsi politici e altri discorsi.
– Francesca Brunet
Il progetto di ricerca, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero e avviato nel 2018 (SNFSinergia CRSII5_177286), si focalizza sulla spazialità urbana proposta dall’esempio di Milano, del suo territorio e del Cantone Ticino nella prima metà del XIX secolo, avvalendosi di una cooperazione internazionale e di un approccio interdisciplinare. La ricerca sulle trasformazioni fisiche della città e sui relativi progetti architettonici si basa sull’interazione di diversi aspetti che hanno contribuito a disegnare lo spazio urbano: mutamenti giuridici, strategie politico-culturali e opinione pubblica. Si tratta di un caso di studio che dovrebbe permettere di costruire un modello di ibridazione complesso per esaminare le trasformazioni sia spaziali sia culturali e giuridiche (e i relativi fenomeni di resistenza). Il progetto si ispira allo “Spatial Turn” e si basa sull’assunto che la spazialità vada intesa come una realtà fisica e culturale, modellata da relazioni di potere e conflitti sociali. Responsabili del progetto: Letizia Tedeschi (Università della Svizzera Italiana). Michele Luminati (Università di Lucerna), Maurizio Viroli (Università della Svizzera Italiana), Jean-Philippe Garric (Université Paris 1- Panthéon Sorbonne) Francesca Brunet fa parte del team di ricercatori coinvolti nel progetto.
– Francesca Brunet
Obiettivo del progetto è la creazione di una piattaforma che metta in comunicazione i lavori di ricerca di storici della politica, del diritto, della cultura, dell’architettura e dell’arte, che si occupano, da diverse prospettive e con diversi approcci, della progressiva affermazione di una spazialità materiale e immateriale di una identità nazionale italiana sul lungo periodo, dalla nascita della Repubblica Cisalpina alla caduta del Fascismo. Nel 2021 il progetto ha vinto un bando dell’École française de Rome (“projets de Recherche 2022-2026 en partenariat”) ed è stato avviato nel gennaio del 2022. Responsabili del progetto: Letizia Tedeschi (Università della Svizzera italiana), Catherine Brice (Université Paris-Est Créteil), Miriam Failla (Università degli Studi di Torino), Adrian Almoguera (École française de Rome). Francesca Brunet fa parte del team di ricercatori coinvolti nel progetto.
– Siglinde Clementi
Il progetto di ricerca è da intendersi come progetto complementare al progetto di ricerca più generale “Il potere della proprietà. Gestione del patrimonio, rapporti di genere e parentela nella nobiltà tirolese (1500-1700)”, che va ad arricchire con la tipologia documentaria “lettere private”. In quanto mezzi di comunicazione e alla luce della loro multifunzionalità, le “lettere private” sono fonti rilevanti per la ricostruzione dei rapporti familiari e di parentela, soprattutto nei contesti aristocratici della prima età moderna. Come primo passo concreto, è stata selezionata una famiglia già presa in considerazione nel più ampio progetto di ricerca, la famiglia Wolkenstein-Trostburg. Nell'ambito del progetto, si esaminerà la comunicazione epistolare dei membri della famiglia Wolkenstein-Trostburg nel corso di quattro generazioni. Per la successiva trascrizione, verranno identificate le lettere di carattere “privato”. Queste “lettere private” saranno accuratamente trascritte e per ogni lettera sarà compilato un regesto.
Il progetto è un progetto di ricerca “RTD 2020”.
– Francesca Brunet
Il progetto, concepito come complementare al progetto di ricerca principale “Mobilità e politiche di controllo sociale in una regione di confine. Vagabondi, ‘Dörcher’, ‘Zigeuner’ in Tirolo tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e il primo Novecento”, aveva lo scopo di contribuire all’acquisizione di nuove fonti sul tema in oggetto. Sono state quindi individuate ed acquisite digitalmente, con la supervisione della coordinatrice del progetto principale, fonti governative, amministrative e di polizia sul vagabondaggio e sulla sua repressione nell’impero austriaco in generale e in Tirolo in particolare. Speciale attenzione è stata prestata ad alcuni fondi conservati presso lo Österreichisches Staatsarchiv di Vienna (sezioni Allgemeines Verwaltungsarchiv e Haus- Hof- und Staatsarchiv).
Il progetto ha ottenuto un finanziamento dalla Libera Università di Bolzano attraverso il bando “RTD-Projekte 2021”, è stato avviato nel novembre 2021 ed è terminato il 31 agosto 2022. Collaboratore: Alessandro Livio.
– Oswald Überegger
La violenza di guerra e la sua escalation in violazioni del diritto internazionale sono, in ultima istanza, comprensibili solo se il campo di battaglia industrializzato, quale luogo dello scontro militare, viene inteso, in un’ampia accezione cultural-geografica, non solo come spazio reale o – specificamente – militargeografico-fisico, bensì – per dirla con Kurt Lewin – come “spazio vitale di natura psicologica”. In questo contesto l’analisi verte sugli ‘spazi intrinseci’ al campo di battaglia, sui ritmi specifici degli scontri militari occorsi in questi spazi, visti come pratica sociale, e sui riferimenti soldateschi specificamente utilizzati per l’orientamento spaziale e temporale. Il progetto si propone di affrontare criticamente la dinamica (della violenza) delle concrete azioni di battaglia e delle situazioni di scontro. Quali campi di forze, quali modelli di comunicazione e quali caratteristiche situazionali sono state determinanti affinché, nell’ambito di offensive operative, sfuggissero spesso e volentieri al controllo della condotta bellica proprio gli assalti militari, così necessari e così ingestibili? Agli elementi di riferimento di ciascun gruppo spettava una funzione di orientamento decisiva per la pratica sociale (della violenza) dei soldati – anche e soprattutto in quelle situazioni che oggi ci appaiono travalicare i limiti, in cui la violenza soldatesca si traduceva in crimini contro il diritto internazionale. Si impose così una morale che divergeva in maniera eclatante dagli standard di pace. I recenti studi storici, sempre più incentrati su una storia interdisciplinare della violenza, sono giunti alla conclusione che una serie di fattori intrinseci alla situazione e all’esperienza hanno agito in modo particolare sulla escalation della violenza – forse in una misura che andava molto al di là degli ordini, delle immagini del nemico e delle ideologie. Il progetto si propone di svolgere un’analisi comparata su scala regionale della escalation militare verificatasi sui fronti di combattimento della Prima guerra mondiale e di evidenziare aspetti comuni e differenze nella condotta dei diversi eserciti.
– Oswald Überegger
Scopo della pubblicazione, prevista per l’autunno del 2019, è di fornire uno sguardo di sintesi sul Tirolo durante la fine della Grande Guerra e l’annessione dell’Alto Adige sulla base della più recente letteratura scientifica e di parziali approfondimenti archivistici. Il fatto che nel settembre 2019 ci sarà il centenario del Trattato di S. Germain attirerà molta attenzione in Tirolo e in Austria. La presentazione del manoscritto è prevista per giugno 2019. Da una parte si affrontano gli avvenimenti fondamentali da un punto di vista politic e militare. Al centro dell’attenzione vi sono anche la polarizzazione nazionale della politica tirolese alla fine della guerra e gli avvenimenti politici e militari lungo la via dell’armistizio di Villa Giusti del 3 novembre 1918, così come i sovvertimenti nel panorama partitico tirolese, i dibattiti sulla questione tirolese alla conferenza della pace a Parigi e le differenti posizioni politiche e militari in vista dell’integrazione finale del Sudtirolo nello Stato italiano a seguito dell’annessione. Dall’altra parte si affrontano questioni fino ad oggi assai trascurate dalla storiografia, vale a dire gli sviluppi socioeconomici, sociali e umani di tale momento di svolta. Muovendo da una prospettiva di storia esperenziale, i due anni di svolta vengono analizzati in particolare con lo sguardo al loro significato in riferimento a cesure sociali, sconvolgimenti e processi di trasformazione. Dal punto di vista spaziale, lo studio cerca di rappresentare lo sviluppo nelle diverse parti del Tirolo storico in maniera comparata e intrecciata. Il libro offre una visione transnazionale o transregionale della storia di questo periodo di sconvolgimento. La dimensione regionale è presentata nel contesto dello sviluppo bilaterale (Italia, Austria) e internazionale del primo dopoguerra. Proprio questi sviluppi internazionali hanno un chiaro impatto sul Tirolo.
– Oswald Überegger
Il progetto “‘Man hört, man spricht ‘: Informal Communication and Information ‘From Below‘ in Nazi Europe“ è stato approvato alla fine del 2018 come Leibniz Junior Research Group (responsabile di progetto: Dr. Caroline Mezger, Institut für Zeitgeschichte, München) per un periodo di cinque anni. Il progetto si concentra sul problema dell’interazione di informazioni ufficiali “dall’alto” e diffusione non ufficiale di informazione “dal basso” e indaga il ruolo della propagazione di “dicerie” in un’ottica storica e di cultural studies. Include tre progetti di tesi di dottorato e un progetto di tesi di abilitazione su diversi aspetti della comunicazione informale nel “Terzo Reich” e nei territori occupati. I progetti di tesi di dottorato affrontano casi di studio occorsi nel “vecchio Reich” e nella Polonia e Francia occupate. Il progetto di tesi di abilitazione (“Rumor and Displacemente: A History of Forced Migration under the Third Reich (1938-1948)”) verte sull’importanza della diceria in tre casi di studio concreti: le “opzioni” in Sudtirolo, la deportazione degli ebri viennesi e la “cacciata” degli Svevi danubiani dalla Vojvodina.
Il centro di competenza Storia regionale (Oswald Überegger) è partner di progetto presso l’Institut für Zeitgeschichte di Monaco di Baviera.
– Oswald Überegger
HISTOREGIO è un progetto di ricerca e disseminazione sulla storia regionale condotto insieme dalle tre Università dell’EUREGIO (Bolzano, Innsbruck, Trento) e dal GECT. Si pone quale scopo valorizzare e porre su una base di cooperazione la ricerca storica regionale delle tre Università. In quanto progetto universitario plurilingue e transfrontaliero ha quale finalità anche quella di intensificare, specializzare e connettere meglio in un contesto plurilingue e transfrontaliero la ricerca universitaria di storia regionale nello spazio dell’EUREGIO.
Nel quadro di HISTOREGIO è prevista la realizzazione di diversi progetti di ricerca, rappresentativi degli ambiti di studio specifici delle singole università dell’Euregio (Bolzano, Innsbruck, Trento) oppure dei temi che tali istituzioni intendono approfondire. Ai rappresentanti delle università dell’Euregio nel comitato scientifico del CeStoR (prof.ssa Brigitte Mazohl per la Universität Innsbruck, prof. Andrea Leonardi per l’Università degli studi di Trento) e al direttore del centro, dott. Oswald Überegger (della Libera Università di Bolzano) spetta seguire i progetti sotto il profilo scientifico.
Oltre che alla ricerca di base, un’attenzione particolare è dedicata alla comunicazione e divulgazione dei risultati della ricerca, attraverso manifestazioni che prevedono il coinvolgimento delle università e di altri enti di formazione e culturali. Contestualmente allo sviluppo della ricerca in un contesto interuniversitario e plurilingue, le manifestazioni organizzate dall’area di ricerca contribuiscono inoltre a collegare in rete in maniera più organica la ricerca sulla storia regionale nell’area dell’arco alpino e a ideare progetti di divulgazione rivolti a fasce della popolazione interessate ad approfondire i temi storici. Nel quadro del lavoro di ciascun progetto è prevista ogni anno la realizzazione di una serie di manifestazioni scientifiche e divulgative. Oltre che essere resi noti attraverso la pubblicazione di testi storici, i risultati delle ricerche dovranno essere resi accessibili anche un pubblico di non addetti ai lavori. Inoltre occorrerà promuovere la trasmissione interculturale di conoscenze mediante la traduzione dei testi di storia regionale nell’altra lingua (tedesco e/o italiano) e sensibilizzare così maggiormente la popolazione del territorio dell’Euroregione sui temi di una storia comune.
Progetto di ricerca del Centro di competenza Storia regionale nel contesto di HISTOREGIO: „L’Italia, l’Alto Adige e la pace di Parigi del 1919: posizioni politiche, strategie diplomatiche e discorso pubblico”. Assegnista di ricerca: Dr. Magda Martini
– Karlo Ruzicic-Kessler
Il progetto mira a elaborare le relazioni transnazionali tra Italia e Austria nel contesto del conflitto altoatesino durante la guerra fredda. Così sarà possibile individuare come i rapporti tra partiti politici di analogo orientamento ideologico furono influenzati dalla questione dell’Alto Adige e come essi influenzarono la medesima questione. L’analisi va dunque al di là della diplomazia bilaterale e si concentra su attori/partiti politici e le loro strategie nel processo di risoluzione delle questioni aperte tra Roma e Vienna. Saranno seguite le rispettive politiche di partiti cristiano-democratici, socialisti/socialdemocratici e comunisti per produrre un panorama delle idee e delle interdipendenze tra azioni di rappresentanti di diversi campi ideologici. Si potrà individuare un quadro complesso che dimostra che la questione dell’Alto Adige fu percepita come un fattore centrale nelle relazioni tra partiti politici durante la guerra fredda. Perciò, ogni partito inquadrato in questo progetto studiò problemi sociali, economici e strutturali.
I partiti svilupparono strategie per raggiungere risultati alle urne, le fonti dimostrano però che essi si trovavano anche alla ricerca di concrete soluzioni per problemi socioeconomici e strutturali della regione. Dato che in questo caso si tratta di idee che non sempre apparvero su scala diplomatica internazionale, esse rimangono un campo da scoprire per la storiografia. Tuttavia, studi strategici e il tentativo di piazzarli nel più ampio discorso politico della provincia dimostrano quanto il conflitto sia stato importante per i singoli partiti e per i loro rapporti con partiti fratelli al di là del Brennero. L’analisi comincia nel 1955, dopo la firma del Trattato di Stato austriaco e prosegue fino alla Quietanza liberatoria del 1992.
Questa ricerca si concentra su alcuni punti focali della questione (Attentati dinamitardi, Commissione dei 19, primo e secondo “pacchetto”, mancata attuazione, soluzione del conflitto), analizzando la dinamica dei rapporti tra partiti politici e le loro strategie (comuni) per il territorio.
– Joachim Gatterer
Il progetto intende contribuire al rafforzamento della storia economica e sociale all’interno della storia contemporanea regionale. Un’ampia analisi dell’edilizia sociale è adatta a questo scopo, perché le dinamiche economiche e sociali della seconda metà del XX secolo possono essere studiate in modo esemplare su questo campo. L’attenzione alla provincia austriaca del Tirolo e alla provincia autonoma di Bolzano apre la possibilità di un’analisi comparativa, tenendo conto anche delle influenze nazionali dell’Italia e dell’Austria. Allo stesso tempo, il rapporto di vicinato tra le due regioni consente anche l’analisi delle interdipendenze transfrontaliere. La ricerca parte dall’ipotesi che progetti di edilizia sociale siano innescate da aumenti della popolazione di vario tipo (eccedenze di natalità, migrazione interna e immigrazione). Pertanto, in una prima fase, vengono elaborati i corrispondenti sviluppi demografici in Tirolo e in Alto Adige e i loro effetti sul mercato immobiliare rispettivamente il dibattito pubblico sula questione abitativa. Segue un’analisi dei programmi di edilizia avviati e realizzati dallo stato e dalla regione in Tirolo e in Alto Adige. Oltre alla presentazione della loro portata quantitativa e del loro inserimento nella pianificazione generale degli insediamenti, si esaminerà in particolare quali gruppi di popolazione (etnici) sono stati promossi in modo specifico con quali programmi di edilizia, quale successo hanno avuto i vari programmi nel raggiungimento dei loro obiettivi autoimposti e quali conflitti sociali e politici sono sorti nel corso dell’attuazione delle misure di edilizia sociale. In una terza fase verranno esaminati i cambiamenti nella vita quotidiana nei quartieri di edilizia sociale, con particolare attenzione all’opera di influenti architetti austriaci e italiani, realizzata in Tirolo e in Alto Adige (da Othmar Barth, Josef Lackner, Armando Ronca e altri). Oltre a questa creazione di un quadro architettonico per la vita comune, i cambiamenti nella vita quotidiana saranno esaminati sullo sfondo della società dei consumi in via di sviluppo, che in Tirolo e in Alto Adige ha portato anche a diversi cambiamenti nella gestione tradizionale (rurale) delle famiglie, nella distribuzione dei ruoli all’interno della famiglia, e in particolare alla definizione della casa come “luogo di non lavoro”. In sintesi, il progetto di ricerca mira a mostrare come l’esigenza originaria di nuove abitazioni si sia sviluppata in soluzioni concrete per questo problema nel periodo 1945-1980 e come la loro attuazione abbia influenzato le società del Tirolo e dell’Alto Adige in modo positivo e negativo.
– Siglinde Clementi
Il libro „Körper, Selbst und Melancholie. Die Selbstzeugnisse des Landadeligen Osvaldo Ercole Trapp (1634-1710)“ (Corpo, sé e malinconia. Le autotestimonianze del nobile Osvaldo Ercole Trapp (1634-1710) è uscito nel novembre del 2017 presso la casa editrice Böhlau, Cologna come volume 26 della collana “Selbstzeugnisse der Neuzeit”. Nel suo intento di studiare i concetti del corpo e del sé in età moderna il progetto parte dalle tre autotestimonianze del nobile trentino-tirolese e melancolico Osvaldo Ercole Trapp e abbina la loro analisi con una ricostruzione microstorica della sua biografia e della sua storia famigliare. In un successivo momento ci si è confrontati con contesti e discorsi che aiutano a capire e interpretare le autotestimonianze. Osvaldo Ercole ha vissuto dal 1634 al 1710 presso la Magnifica Corte di Caldonazzo ed è stato interdetto nel 1669 e messo sotto la curatela di suo cugino. Nel lungo periodo che ha passato a Caldonazzo “in positura di privato” (libro di famiglia) ha elaborato tre testi autobiografici: una descrizione del suo corpo dal capo ai piedi, scritti autobiografici e una breve cronaca della casa. La ricerca si confronta con i temi complessi del sé in età moderna e del corpo storico attraverso una contestualizzazione coerente e una storicizzazione di autointerpretazione e storia di vita in tre passi: In un primo momento vengono analizzati gli scritti autobiografici di Osvaldo Ercole Trapp. In questo contesto interessano le forme di scrittura specifiche, la sua produzione di rilevanza, il patto autobiografico, la sua autointerpretazione, i concetti di relazioni, le strategie e le intenzioni nel suo atto di scrivere. In un secondo momento vengono ricostruiti la storia della famiglia e della vita di Osvaldo Ercole Trapp con un approccio microstorico: Interessano nel dettaglio la situazione patrimoniale e le relazioni di potere nella famiglia Trapp, la situazione famigliare creatasi con la morte precoce del padre, le tutele della madre e dello zio paterno e infine l’interdizione dell’autore nel 1669. In un terzo momento vengono ricostruiti contesti e discorsi dell’epoca, che ricoprono un ruolo importante nelle autotestimonianze: la mascolinità nobiliare, famiglia, casa e linea, teorie sulla procreazione e educazione, malinconia e rappresentazioni del corpo. Dal punto di vista metodologico il lavoro unisce l’analisi dei testi con storia antropologica e microstoria con una netta prospettiva di genere e storia del copro come storia del vissuto e dei discorsi. In questo modo da un contributo importante allo studio degli egodocumenti di età moderna, alla storia sociale della nobiltà tirolese e della nobiltà in generale e della storia del corpo come storia del vissuto corporeo e dei discorsi sul corpo.
– Siglinde Clementi
Il progetto di ricerca “I lunghi anni 70 del ‘900 in prospettiva di genere: Un progetto di rilevamento di fondi pertinenti” è stato inoltrato presso l’Università di Bolzano, fondo RTD 2017 ed approvato. In questo modo si è potuto conferire un incarico co-co-co di 8 mesi a Giovanna Tamassia. Sono stati individuati i fondi pertinenti al movimento femminista e le rispettive reazioni e discussioni in Alto Adige: l’archivio dell’ AIED, il fondo Andreina Emeri, il fondo Maria Luisa Bassi, l’archivio delle Frauen für Frieden, l’archivio della Südtiroler Volkspartei, l’archivio dei Verdi, il fondo Karl Mitterdorfer, il fondo Elisabeth Baumgartner, il fondo Günther Pallaver, i verbali del Consiglio Provinciale, l’archivio della Südtiroler Hochschülerschaft L’attenzione è stata posta sulle azioni e le opinioni delle diverse protagoniste di diverse realtà sociali rispetto alle rivendicazioni centrali del movimento femminista, quindi il divorzio e la riforma del diritto di famiglia, l’educazione sessuale e la contraccezione, consultori femminili e familiari, interruzione di gravidanza, violenza contro le donne, educazione femminile e suddivisione del lavoro. I fondi sono stati descritti in grandi linee, il contesto della loro costituzione e la loro importanza istituzionale nel caso di istituzioni, in caso di persone è stata scritta una biografia corta. Le fonti sono state rilevate, studiate e descritte secondo la loro rilevanza per la tematica in questione. Per i media sono stati considerati il “Skolast”, la “Südtiroler Volkszeitung”, “Profil” e “Arbeit und Gemeinschaft”. È stata inoltrata una relazione di progetto di 67 pagine con i risultati.
– Siglinde Clementi
Il progetto di ricerca “Spazi giuridici e ordini di genere come processi sociali in prospettiva transregionale. Pattuire e disporre in contesti urbani e rurali del Sudtirolo tra il XV e l’inizio del XIX secolo” è stato finanziato dal Fondo per la ricerca della Provincia autonoma di Bolzano ed è stato realizzato dal 2013 al 2015. L’intento del progetto era di ricostruire processi di trasferimenti di patrimonio nel territorio di transizione del Tirolo meridionale in età moderna e interessavano soprattutto i trasferimenti di risorse nei contesti della successione ereditaria e del matrimonio. In questo contesto tematico si pone la questione della parentela come spazio sociale, che viene costituito attraverso la communicazione e le interazioni ma spesso anche attraverso i conflitti e la concorrenza. I trasferimenti di patrimonio in questo progetto vengono ricostruiti con un approccio di storia di genere, delle generazioni e di storia sociale. Il lavoro di ricerca si è concentrato sulla raccolta e la rielaborazione delle fonti tratte dai libri di archiviazione dei distretti giudiziari di Sonnenburg, Bressanone, Enn e Caldiff, Merano e Glorenza/Malles e dagli archivi nobiliari Welsperg e Wolkenstein-Trostburg nell’Archivio provinciale di Bolzano, dalle imbreviature notarili di Merano e dintorni, Val Venosta, dagli atti e libri di archiviazione del convento Sonnenburg, e dall’archivio nobiliare Dornsberg nel Tiroler Landesarchiv Innsbruck.
I primi risultati della ricerca sono stati pubblicati in contributi da parte dei collaboratori del progetto, un volume conclusivo è in fase di sviluppo. Un altro risultato del progetto sono gli atti del convegno “Stipulating – Litigating – Mediating. Negotiations of Gender and Property” che uscirà nel corso del 2019.
Team di progetto: Margareth Lanzinger, Janine Maegraith, Christian Hagen.
Team direttivo: Margareth Lanzinger, Siglinde Clementi, Ellinor Forster
– Siglinde Clementi
Il progetto di ricerca “Stranieri indesiderabili o italiani pericolosi? Sinti e rom ai confini nord-orientali durante il fascismo (1922–1943). Il caso di Alto Adige e Trentino“ è stato finanziato attraverso il fondo interno per la ricerca della Libera Università di Bolzano come progetto storico-antropologico nel 2015. L’etnologa Paola Trevisan ha realizzato il progetto nel contesto di una borsa post-doc di 18 mesi e ha condotto ricerche presso l’Archivio centrale dello Stato, gli Archivi di Stato di Bolzano e Trento, di Trieste, Udine e Gorizia e nel Holocaust Memorial Museum di Washington. Inoltre ha condotto ricerca etnologica con i Sinti in Alto Adige e nel Trentino. Il progetto si è occupato delle politiche del fascismo nei confronti di Sinti e Rom, della loro attuazione nelle zone di confine soprattutto in provincia di Bolzano, dove risiedevano diverse comunità di sinti e rom. Il confronto sistematico di lavoro sulle fonti storiche per ricostruire la situazione di vita e la repressione di Sinti e Rom durante il fascismo nelle zone di confine e le fonti orali rilevate attraverso la ricerca etnologica per ricostruire la memoria di singoli Sinti e Rom della provincia di Bolzano e del Trentino è stato molto fruttuoso. Le informazioni tratti dagli atti (elenchi di cittadinanza, atti della polizia, atti giustiziari) sono stati discussi con singoli Sinti e Rom e confrontati con la memoria famigliare. In questo modo si è potuto ricostruire più fasi di politiche repressive del regime fascista e singoli gruppi parentali di Sinti e Rom. Le tematiche fondamentali erano la questione di appartenenza e la cittadinanza, le pratiche repressive e la resistenza e le strategie di sopravvivenza. Principal investigator: Elisabeth Tauber, antropologa sociale Team di progetto: Siglinde Clementi, Andrea Di Michele und Dorothy Zinn
– Andrea Di Michele
A tutt’oggi non esiste alcuno studio dedicato alle politiche italiane di colonizzazione dell’Alto Adige che, muovendo dai parziali e timidi interventi tra anni Venti e primi anni Trenta, abbia concentrato l’attenzione sul periodo cruciale 1939-43 e sulle sue eredità nel dopoguerra. Il presente progetto di ricerca si propone di colmare tale lacuna muovendo dalla disponibilità di nuove fonti archivistiche. Al centro della ricerca vi è il ruolo dell’Ente nazionale per le Tre Venezie (ENTV), attraverso le cui vicende è possibile ricostruire l’intera parabola dell’intervento fascista. Precursore dell’ENTV è un’istituzione agraria nata ancor prima dell’avvento del fascismo, l’Ente Rinascita Agraria (ERA) fondato nel 1921. Si trattava di un ufficio nato con finalità di razionalizzazione dell’attività produttiva nelle campagne venete, il cui ruolo era però destinato a espandersi e a mutare radicalmente nel corso degli anni Trenta. Il regio decreto legge 7 gennaio 1937, n. 82 ampliava i poteri di esproprio dell’ERA, mentre altri provvedimenti ne indirizzavano l’attività specificatamente nelle aree di confine, trasformandolo poco a poco in un possibile strumento attraverso cui intensificare l’opera di penetrazione nazionale nelle valli dell’Alto Adige. Ma la svolta decisiva arrivò con le opzioni e con la legge 27 novembre 1939, n. 1780 che cambiò la denominazione dell’ERA in Ente nazionale per le Tre Venezie (ENTV), assegnandogli il delicatissimo e impegnativo compito di prendere in consegna i beni immobili degli optanti per poi rivenderli attraverso aste o trattative private. Nel giro di un biennio l’ENTV entrò in possesso di una considerevole quantità di beni, tra cui masi e terreni agricoli, ma anche case, appartamenti, alberghi, esercizi commerciali e studi professionali. La ricerca mira a comprendere quale uso fu fatto di tali beni, quanti ne vennero ceduti, a chi, in quali forme, sulla base di quali condizioni. Interessante sarà verificare se vennero approntati coerenti piani di trasferimento, individuando determinate aree geografiche di provenienza dei coloni. La ricerca intende condurre l’analisi anche oltre il 1945, analizzando la politica dell’ENTV, che rimarrà in vita fino agli Settanta, nella fase immediatamente successiva alla seconda guerra mondiale, quando era ancora in possesso di numerosi beni immobili frutto delle opzioni. Andrà verificato se da parte delle autorità italiane si proseguì nell’intendere l’Ente quale strumento consapevole di sostegno all’italianità in una zona di confine particolarmente difficile.
– Andrea Di Michele
Se per l’Italia la prima guerra mondiale ha inizio solo col maggio 1915, per le popolazioni di lingua italiana dell’Austria-Ungheria il conflitto inizia già nel luglio 1914. Gli italiani del Trentino e del Litorale Adriatico hanno vissuto una guerra diversa da quella degli italiani del Regno: altri scenari, altri fronti, altri nemici, altra cronologia. Ma anche un’altra memoria della guerra combattuta dalla «parte sbagliata», dal lato degli sconfitti. Una memoria che non cessa di riemergere e anche di essere utilizzata e strumentalizzata a fini politico-identitari. Il progetto di ricerca mira alla redazione di un testo rivolto a un pubblico ampio di carattere nazionale che narri le vicende dei soldati trentini e triestini combattenti per Vienna, muovendo dalla constatazione che al di fuori dei territori direttamente interessati, tali vicende sono assai poco note. Si affronterà la questione dell’impiego militare dei soldati italiani, del loro trattamento, dell’esperienza di prigionia, del difficile ritorno in una patria che nel frattempo aveva cambiato bandiera, della memoria di quell’esperienza, a lungo emarginata e messa sotto silenzio ma poi rivalutata e indagata dalla migliore storiografia regionale e, recentemente, utilizzata strumentalmente nello sforzo di rafforzare le peculiari identità territoriali. La ricerca si avvarrà della ricca bibliografia esistente sia per Trento che per Trieste, ma si concentrerà in maniera particolare sulle fonti istituzionali di parte austriaca per ricostruire lo sguardo e l’azione dell’Austria-Ungheria nei confronti dei militari italiani, così come recentemente è stato compiuto per altre minoranze dell’Impero.
– Florian Huber
Will man sich mit der politischen Geschichte Tirols des 19. Jahrhunderts beschäftigen, so kommt man kaum an der Person Joseph von Giovanellis (1784– 1845) vorbei. Wie kein anderer seiner Zeitgenossen verkörpert er den Tiroler Vormärz, am Anfang der politischen Leitdifferenz zwischen Konservativ und Liberal stand in Tirol zweifelsfrei er. Giovanelli entstammteeinem eng mit der ständischen Landesverwaltung verbundenem Adelsgeschlecht,agitierte gegen die bayerische Verwaltung Tirols, war am Aufstand von 1809 maßgeblich beteiligt, Sprachrohr und Kopf der Bozener handelspolitischen Partikularinteressen, Mitglied des ständischen Kongresses und Vordenker wie auch Umsetzer einer rekatholisierten Gesellschaft. Er pflegte intensive Kontakte in Tirol, war in politische und ultramontane Netzwerke zwischen Norditalien, München, Wien und Frankreich eingebunden. Seine Biographie erlaubt unterschiedliche Lesarten, die den Tiroler Vormärz, der nach wie vor zu den Stiefkindern der Tiroler Regionalgeschichte gehört, auf mehreren Ebenen neu zu beleuchten vermögen. Zunächst ist ein historiographisches Paradox zu seiner Person festzuhalten: Man wird kaum einen Text der Landesgeschichte Tirols finden, die das Werk des im 19. Jahrhundert höchst umstrittenen, heute weitgehend vergessenen Bozener Adeligen nicht würdigte. Eine eingehende Untersuchung zu seiner Person sucht man jedoch vergeblich. Somit trifft Giovanelli das Schicksal vieler seiner konservativen Zeitgenossen: Sieht man von einigen wichtigen Ausnahmen ab, fällt die biographische Vorliebe der Historiographie vor allem auf liberale Politiker des 19. Jahrhunderts. Dies gilt insbesondere auch für die deutschsprachige und italienischsprachige Geschichtsschreibung Tirols.
„Kontextualisierte Biographie“ als regionalgeschichtliches Methode Eine Biographie Joseph von Giovanellis will sich keinen „biographischen Illusionen“ (P. Bourdieu) hingeben und nachträglich kontingente Ereignisse und Handlungen in einen kohärenten Sinnzusammenhang stellen. Angesichts seines komplexen, von vorderhand widersprüchlichen Kategorienpaaren wie Tradition und Innovation, Reaktion und Fortschrittlichkeit geprägten Lebenslaufes wäre dies auch nicht möglich. Vielmehr soll versuchtwerden, jüngere Methoden der historischen Biographik für die Regionalgeschichte nutzbar zu machen. Mit anderen Worten: Das Erkenntnisinteresse fällt in erster Linie nicht auf den Lebenslauf Giovanellis, sondern auf seine Lebenswelt, Selbst-und Fremddeutungen, Handlungs-und Kommunikationsmöglichkeiten, kurzum: Giovanelli soll als eine möglicheGestalt zwischen 1780 und 1850 beschrieben werden. Das Projekt folgt einem multiperspektivischen Ansatz, wonach Giovanellis Leben aus unterschiedlichen Blickpunktenbeleuchtet werden soll, die nach sozialen Systemen gegliedert sind: Individuum –Familie/Stand –Stadt –Land –Transnationale/Überregionale ultramontane Netzwerke Es wird hier also eine multiperspektivische Beobachtung, eine „kontextualisierte Biographie“ angestrebt, die politik-, religions-, adels-, und bürgertumsgeschichtliche Aspekte vereinen will. Im Vordergrund stehen also die sozialen Netzwerke und Codierungen, in denen Giovanelli eingebunden war und wie er diese beobachtete. Der regionalhistorische Ertrag ist ein mehrfacher: Zunächst soll das überstrapazierte Konzept der „Sattelzeit“ relativiert werden und Giovanelli nicht als Figur des Übergangs, sondern als Vertreter eines Zeitabschnittes gedeutet werden, der als „Laboratorium der Moderne“ (E.Frie) bezeichnet wurde und von ganz eigenen Erfahrungswelten und Handlungsspielräumen, politischen Kommunikationsmöglichkeiten unter den Bedingungen der neoabsolutistischen Zensur, Vergangenheitsdeutungen und Zukunftserwartungen geprägt war. Das „Laboratorium der Moderne“ am Beispiel Joseph von Giovanellis zu untersuchen ließe die Genealogie der tirolischen Verlustgeschichte des 19. Jahrhunderts aber auch jene des katholischen Konservativismus, die beide über das 19. Jahrhundert hinaus wirkmächtig blieben,nachvollziehbar werden.Schließlich verspricht der multiperspektivische Ansatz, die Geburt des „modernen“, funktional differenzierten Tirols nachzuzeichnen: War Giovanellis Handlungshorizont bis in die 1820 deutlich ständisch geprägt und seine gesellschaftlichen Bezugspunkte die Familie, die Stadt und ein ständisch geordnetes Tirol, so suchte er in den letzten zwanzig Lebensjahren dem sozialen System der Religion gesellschaftliche Freiräume und Kommunikationskanäle zu schaffen, die keine ständischen Grenzen mehr kannten. Giovanellis Handlungsrahmen war nun ein einheitliches, „katholisches“ Tirol, das er gegen Wien, den Protestantismus und zuweilen auch gegen Italien abgrenzte.
– Florian Huber
Am Beginn dieses Dissertationsprojektes stand die Frage, wie und weshalb im habsburgischen Kronland Tirol im Laufe des 19. Jahrhunderts unterschiedliche Formen von Religion, genauer: von Katholizismus, formuliert wurden. Zeitweise war nichts weniger definiert und stärker umstritten, als das Proprium des Katholischen: Katholisch sein, katholisch glauben und katholisch handeln wurde nach markant voneinander abweichenden Maßstäben bemessen. Der Trientner Fürstbischof Benedikt (Benedetto) von Riccabona (1807–1879) etwa sah sich 1861 gezwungen, seiner aus deutsch-und italienischsprachigen Katholiken bestehenden „Herde“ zwei nicht nur sprachlich, sondern vor allem inhaltlich stark voneinander abweichende Antrittshirtenbriefe zu erlassen. Hatten seine deutschsprachigen Diözesanen andere religiöse Bedürfnisse und setzten sie andere Erwartungen an ihn, als ihre italienischsprachigen Glaubensgenossen? Die Vermutung liegt nahe, dass, wenn zusätzlichesprachliche, nationale, räumliche oder politischeKomponenten in unterschiedlicher Konfiguration hinzutraten, binnenkatholische Grenzen gezogen wurden. Das habsburgische Kronland Tirol erscheint geradezu als religiöses Laboratorium, trafen hier doch Deutschland, Österreich und Italien zusammen, wie es Thomas Götz trefflich formulierte. Die Arbeit untersucht also, wie sich hier zwischen 1840 und 1880 unterschiedliche Formen öffentlicher Katholizität ausbildeten, wie sich selbst und ihre Umwelt beschrieben, wie sie ihre Grenzen zu Nation und Raum, aber auchzumpolitischen System zogen. Zentral sind auch die Medien religiöser Kommunikation, es machteeinen entscheidenden Unterschied, ob diese face-to-faceüber Predigten oder überpersonal über Zeitungenverlief.Die Geschichte, die die das Projekt schreiben will, ist also eine Beobachtungs-und Mediengeschichte, eine Geschichte des Katholischen, das an Grenzen angesiedelt war und selbst neue Grenzen erzeugte.
Theoretische Zugriffe
Das theoretischer Rückgrat bilden Bausteine der Systemtheorie Niklas Luhmanns, vor allem der Religionsbegriff wurde ihr entnommen: Religion existiert demnachgesellschaftlichausschließlich als Kommunikation und ist erst als solche beobachtbar;religiöse Kommunikation grenzt sich von anderen Kommunikationsformen durch spezifische Codierungen ab.2DieserZugriff ist in mehrfacher Hinsicht günstig: Er gibt einerseits ein bestimmtes Arbeits-und Quellendesignvor, ist aber andererseitsergebnisoffen gedacht, was teleologische Argumentationenverhindert.3Beobachtungen, Selbstbeschreibungen und Semantiken des Katholischen verweisen auf Kommunikationsmedien. Im systemtheoretischen Kommunikationsbegriffsind Medien in Form der Mitteilungschon mitgedacht: Ob Kommunikation zu Stande kommthängt wesentlich von den Medien–der Mitteilung –ab.4Religiöse Medien sind somit nicht nur die Quellengrundlagefür das Projekt, sondern auch dessen Untersuchungsgegenstand.
Regionalhistorischer Beitrag
Trotz einiger Vorarbeitengilt es mehrere Forschungslücken als solche erkenntlich zu machen und zumindest teilweise zu füllen. Zunächst soll ein erhebliches regionalgeschichtliches Desiderat behoben werden und eine Beziehungsgeschichte der Katholizismen nördlich und südlich des Brenners, ungeachtet staatlicher oder sprachlicher Grenzen, geschrieben werden. Zweitens erlaubt gerade die tirolische Sprachgrenze italienischund deutschsprachige katholische Kulturen miteinander in Beziehung zu setzen. Während in den letzten Jahren derartige grenzübergreifende und grenzreflektierendeVergleiche vornehmlich in osteuropäischen Grenzräumen durchgeführt wurden, sind religionshistorische Beziehungsgeschichtenzwischen Deutschland, ÖsterreichundItalien bislang kaum anvisiert worden.5Auch „Raum“ als Kommunikation ordnendes Element wurde von religionshistorischen Arbeiten bislang nur unzureichend wahrgenommen, ebenso wie transnationale Perspektiven erst in den letzten Jahrenangestrebt werden.6
Quellen
Die Arbeit steht vor derHerausforderung, ganz unterschiedliche Quellenlagen und Quellentypen handhaben zu müssen. Prinzipiell ist jede Form religiöser Kommunikation von Interesse: Handschriftliche und gedruckte Predigten, religiöse Vorträge an der Roveretaner Accademia degli Agiati, Hirtenbriefe und bischöfliche Instruktionen an den Klerus, religiös-politische Broschüren und Flugblätter, vor allem aber religiöse Zeitschriften und Zeitungen. Wichtig sind aber auch religiöse Massenveranstaltungen, die den öffentlichen Raum selbst alsMedium religiöser Kommunikation nutzten. Der Großteil der aufgelisteten Quellen ist an öffentlichen Bibliotheken in München, Innsbruck, Bozen, Trient, Rovereto und Mailand problemlos zugänglich. Ergänzt wird dieser Quellenkorpus durch Akten kirchlicher Archive in Brixen,Trentound St. Pölten, sowie der staatlichen Verwaltung im Tiroler Landesarchiv in Innsbruck.
Struktur und Gliederung
Die Struktur der Arbeit verbindet inhaltliche und chronologische Gesichtspunkte. IhreGliederung in drei Zeitabschnitte(1830-1848, 1850-1866, 1867-1875) soll ersichtlich machen, wie sich ála longuedie öffentlichen Formen des Religiösen, aber auch Raum-und Geschlechtervorstellungen und generell der Einfluss von Medien auf religiöse Kommunikation entwickelten. Innerhalb dieser Blöcke sollen thematische Detailbeobachtungen einen multiperspektivischen Zugriff erlauben. Der Leitfaden, an welchem sichdieseorientieren, ist von den zentralen thematischen Feldern vorgegeben: DieBeziehungender Grenzkatholizismenzueinander, zu nationalen und räumlichen Semantiken, ihr Beitrag zurpolitischenKommunikation und der Ausbildung von Geschlechterbildern.
1 TirolerStimmen, Nr. 88, 20.07 1861; Messaggiere Tirolese di Rovereto, Nr. 90, 13.07.1861.
2 N.Luhmann, Die Religion der Gesellschaft, Frankfurt am Main 2000, 7–52.
3 R. Schlögl, Historiker, Max Weber und Niklas Luhmann. Zum schwierigen (aber möglicherweise produktiven) Verhältnis von Geschichtswissenschaft und Systemtheorie, in: Soziale Systeme 7 (2001), 23–45.
4 N. Luhmann,Soziale Systeme. Grundriß einer allgemeinen Theorie, Frankfurt a. M. 1987,193–201, 207–225
5 Beispielsweise: J. E. Bjork: Neither German nor Pole. Catholicism and National Indifference in a Central European Borderland, Ann Arbor 2008, als Ausnahme aberetwaR.Lill/F.Traniello [Hg.], Der Kulturkampf in Italien und in den deutschsprachigen Ländern (Schriften des Italienisch-Deutschen Historischen Instituts in Trient 5), Berlin 1993.
6 Grundlegend:V.Viaene, Religious History, Catholic History: Perspectives for Cross-Fertilization (1830–1914), in: European History Quarterly 38 (2008), 578–607..
– Andrea Di Michele, Karlo Ruzicic-Kessler
Il progetto mosse dalla consapevolezza del ritardo in cui versa la ricerca storica regionale su un tema ancora molto delicato per la società locale, ovvero le vicende del terrorismo sudtirolese e il loro rapporto con la soluzione politica della questione altoatesina. Preliminare a un approfondito lavoro di ricerca è stato un organico lavoro di censimento delle fonti, specie di quelle di parte italiane, che sono state individuate in diversi archivi nazionali e descritte in vista di una successiva fase di studi e ricerche. Per poter dare avvio a una nuova stagione di ricerche sul tema in oggetto era dunque necessario colmare le lacune di conoscenza circa i fondi documentari di parte italiana, compiendo una ricognizione il più sistematica possibile all’interno di archivi italiani, alla ricerca di fondi e documenti rilevanti per una storia della questione altoatesina tra 1956 e 1969. I fondi in questione sono stati brevemente descritti facendo riferimento al motivo della loro importanza per lo studio in oggetto, provvedendo a un ampio e sistematico lavoro di riproduzione fotografica.
– Karlo Ruzicic-Kessler
L’obiettivo del progetto era quello di ricercare fonti archivistiche sui legami transnazionali tra Italia e Austria sullo sfondo della questione altoatesina dal 1955 al 1992. L’analisi dei legami di partiti politici non è stata a lungo sufficientemente studiata ed è limitata a casi individuali. Questo progetto si concentra sulle relazioni tra partiti politici di orientamento analogo. In particolare, l’importanza dell’Alto Adige nelle relazioni tra Roma e Vienna al di fuori dell’ambito diplomatico bilaterale fu analizzata, fornendo così nuovi spunti di riflessione sulle strategie degli attori e dei partiti politici interessati all’Alto Adige nel processo di soluzione del conflitto. L’esame delle forze politiche di orientamento cristiano-democratico, socialista/socialdemocratico e comunista permette di gettare uno sguardo dietro le quinte del processo politico e di determinare come i diversi rappresentanti delle correnti politiche hanno valutato la situazione in Alto Adige e dintorni. Il progetto è stato portato a termine da due assegnisti di ricerca che hanno digitalizzato la documentazione riguardante il progetto e preparato un catalogo delle fonti. cambiamenti nella gestione tradizionale (rurale) delle famiglie, nella distribuzione dei ruoli all’interno della famiglia, e in particolare alla definizione della casa come