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Raccontare la Fisica con le storie. Il metodo di Federico Corni

Il prof. Federico Corni, ha pubblicato nn manuale per i*le docenti impegnat* nell’introduzione dei bambini e delle bambine in età scolare all’incontro con la natura.

Forze naturali che si trasformano in protagonisti di una storia illustrata o in una rappresentazione teatrale e che, in questo modo, diventano facilmente comprensibili anche per i bambini delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie. Federico Corni, professore di Didattica della Fisica alla Facoltà di Scienze della Formazione a Bressanone, ha pubblicato per SpringerPrimary Physical Science Education. An Imaginative Approach to Encounters with Nature”. Un manuale, scritto assieme al prof. Hans U. Fuchs (anch’esso docente di unibz), che si rivolge alle docenti e ai docenti impegnati nell’introduzione dei bambini e delle bambine in età scolare all’incontro con la natura.

Prof. Corni, che libro è “Primary Physical Science Education”? Cosa l’ha ispirata a pensare di introdurre alla fisica i più piccoli e i loro insegnanti per mezzo di incontri immaginifici con le Forze della Natura?

Si tratta di un libro di fisica per insegnanti di scuola dell’infanzia ed elementare, nonché per i ricercatori e gli istruttori di educazione precoce. Agli inizi del 2000, all’università di Modena e Reggio Emilia, cominciai a insegnare Fisica alle future maestre. Mi documentai e mi preparai tantissimo, ma presto mi accorsi che il modo in cui proponevo la mia materia era totalmente inadeguato. Dovevo riuscire a parlare della natura tenendo conto del loro background umanistico e del fatto che, come future insegnanti della scuola, avrebbero dovuto avere a che fare con dei bambini, con le loro 1000 domande e la loro curiosità ingenua. Quindi si trattava di ripensare totalmente l’approccio alla disciplina e alla sua trasmissione. Per un po’ di anni ho cercato di individuare i fondamenti elementari della disciplina e, assieme al prof. Fuchs, abbiamo cominciato a pensare di usare un approccio immaginativo, narrativo e metaforico alla fisica.

Di cosa si tratta?

Invece di prendere le mosse dalla disciplina formalizzata e di semplificarla – operazione che, normalmente, si fa per renderla adeguata agli scolari – siamo partiti dall’opposto, cioè da come noi, esseri umani, sentiamo e sperimentiamo le Forze della Natura primarie come il Vento, la Pioggia, i Fuoco, l’Acqua, l’Elettricità, il Cibo ecc. I bambini non sono adulti incompleti, ma individui completi in possesso di peculiari strumenti cognitivi. Le facoltà cognitive nelle culture antiche venivano stimolate attraverso gli strumenti della comprensione mitica, per cui abbiamo pensato: perché non usiamo storie, immagini, metafore, giochi, rappresentazioni fisiche quando lavoriamo con i bambini? L’approccio descritto in questo libro punta a un impiego di strumenti cognitivi (prima mitici e poi romantici, come li ha denominati il filosofo dell’educazione Kieran Egan) che permetta ai bambini di dare un senso all’esperienza dei fenomeni naturali.

Un approccio che, in campo scientifico, non è mai stato molto seguito.

La storia della scienza ha cercato di superare questi strumenti immaginativi della nostra mente, ma per parlare ai bambini è più produttivo cercare di riattivare il pensiero mitico piuttosto che semplificare il nostro pensiero formale. D’altra parte, il prof. Fuchs ed io abbiamo provato che la fisica si basa su immagini, i fondamenti elementari che cercavo i primi anni, che derivano dal pensiero mitico. Le Forze della Natura sono agenti che hanno la caratteristica di essere più o meno intensi, potenti ed estesi, aspetti che si adattano bene ad essere rappresentati in forma di racconto. Il più potente strumento cognitivo di una mente mitica è forse proprio la narrazione, le storie. Il volume contiene alcune storie inventate da noi o prese dalla tradizione. Ad esempio, il libro contiene anche una storia degli indiani d’America sul Vento.

Avete sperimentato questa narrazione nel contesto scolastico?

Abbiamo cominciato anni fa a sperimentare questo approccio immaginativo basato sulle storie create già a Modena e a Reggio Emiliaa, in un progetto che si chiamava “Piccoli scienziati” e che era nato per collegare tirocinio, laboratori didattici dei corsi universitari e formazione insegnanti. Il progetto, già dopo 5 anni, ha cominciato a formare gruppi di insegnanti esperti che continuano tutt’ora a portare avanti questo tipo di approccio narrativo alle scienze, e recentemente, insieme a una di quelle insegnanti, che ha svolto il suo dottorato con me su queste cose e che ora è un’attiva dirigente scolastica a Reggio Emilia, abbiamo pubblicato un manuale edito da Erikson: “Narrare le scienze”. Si tratta di una raccolta di storie che abbiamo utilizzato nelle scuole, corredate da tantissimi suggerimenti, materiali e schede validate nelle sperimentazioni.

Nell’ultimo capitolo del libro la narrazione viene calata in un contesto teatrale.

Il nostro approccio si può tradurre in un vero e proprio percorso didattico che parte dall’esposizione alle Forze della Natura e alle storie in cui queste Forze sono protagoniste, e arriva alla simulazione “embodied” – col corpo  – fino ad arrivare a quello che abbiamo denominato Teatro delle Forze della Natura, in cui gli alunni, diretti dagli insegnanti, personificano le Forze della Natura e mostrano come interagiscono tra di loro.  

Sono previsti sviluppi?

Stiamo già lavorando a un secondo volume e abbiamo già un contratto con Springer. Questo primo testo ha sviluppato una parte di quelle che sono le Forze di base della Natura, quelle che si trovano, per capire, nei capitoli dei libri di fisica come i fluidi, il calore e la gravità. La continuazione completerà la trattazione con l’elettricità, le sostanze chimiche e il moto, comprendendo l’applicazione del nostro approccio a sistemi complessi come il ciclo dell’acqua o del carbonio o, per esempio, l’utilizzo dell’idrogeno nei trasporti.

Quali sono o saranno le ricadute a livello locale del lavoro svolto per questo libro?

Il libro adesso è solo in inglese per una sua diffusione internazionale, ma sto lavorando ad una traduzione in italiano e in tedesco. Oltre ad essere apprezzato dalle studentesse e dagli studenti di Scienze della Formazione – che spesso mi dicono che finalmente capiscono la fisica che hanno studiato alle superiori –  dall’anno scorso, fra le altre attività di terza missione, sto seguendo, con incontri più o meno mensili, la formazione sulle STEAM per gli 80 insegnanti dell’IC Bolzano 2. Nel prossimo anno scolastico sono stato invitato dal Sovrintendente della scuola di lingua italiana, Vincenzo Gullotta, a proporre un corso da inserire nel piano provinciale di formazione insegnanti sulla Imaginative Education che ho proposto con la collaborazione di colleghi del MultiLab, laboratorio di ricerca didattica che dirigo a Bressanone. Sarà una buona prova a livello locale dei concetti illustrati nel mio lavoro.

 (zil)